Firenze si concede al mito. Il Relais Le Jardin ospita Bobo Cerea tra atmosfere ottocentesche e piatti leggendari

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Dopo una seppur furtiva ricerca di informazioni, fra Google e i gourmand fiorentini, si può affermare che i fratelli Cerea del tristellato Da Vittorio non abbiano mai realizzato a Firenze una vera e propria cena. Tralasciando la preparazione di un piatto durante cerimonie di premiazione a Palazzo Vecchio, la loro prima volta, e quella dei molti fiorentini presenti, si è materializzata all’Hotel Regency del capoluogo toscano. Dove per una serata la maestria della cuisine di Brusaporto si è fusa con l’entusiasmo fremente dello chef residente Claudio Lopopolo. “L’idea di questa cena - racconta il cuoco - è nata dalla volontà di creare un evento memorabile a Firenze, ospitando e collaborando con Bobo Cerea, uno degli chef più celebri del panorama nazionale e internazionale, e proporre ai nostri clienti una serata indimenticabile, che, possiamo già rivelare, non sarà l’unica.”
Scenario dell’evento è stata l’area che nei sei anni di Firenze Capitale, dal 1865 al 1871, ha visto sorgere le eleganti residenze signorili dei funzionari dello Stato, che tutt’oggi cingono di bellezza Piazza D’Azeglio. E fra cui spiccano i due villini in stile neo-quattrocentesco che uniti insieme hanno dato vita all’hotel Regency, con le sue vetrate liberty, le boiserie e le decorazioni al soffitto delle sale da pranzo, come i simboli astrologici dell’incantevole Sala Zodiaco del ristorante Relais Le Jardin. Il raccolto giardino interno, su cui si affaccia la Sala Veranda, in cui il verde che entra dalle vetrate si contrappone al rosso granata delle pareti e le trentuno stanze, con arredi tutti diversi l’una dall’altra, completano il raffinato stile ottocentesco di questo boutique hotel cinque stelle, che preserva tutta l’allure di una dimora d’epoca.
Dal 2022 è il biscegliese Claudio Lopopolo a condurre la cucina, dopo la solida esperienza di sei anni, maturata al ristorante Campo del Drago, nel prestigioso complesso Rosewood Castiglion del Bosco a Montalcino. A cui erano precedute tappe professionali nel Regno Unito, in Australia, oltre a diverse stagioni fra Emilia-Romagna e Trentino. L'espressione dei suoi concetti sono inevitabilmente influenzati dalle varie culture culinarie con cui è venuto in contatto, ma la base di partenza dei suoi piatti è sempre la cucina pugliese, che alla fine si presenta a tavola in versione rinnovata e attuale. La serata con Cerea ha rappresentato per chef Lopopolo un momento di collaborazione speciale, non capita di frequente di lavorare con una brigata a tre stelle Michelin, quindi oltre che un evento di alta celebrazione, è stata indubbiamente una occasione estremamente formativa.
Del resto stiamo parlando di riferimenti assoluti dell’alta cucina mondiale, una storia quella di Da Vittorio che inizia quasi sessant’anni fa a Bergamo, con Vittorio Cerea e la moglie Bruna. Tre stelle arrivate in un arco temporale di quarant’anni, la prima nel 1978, a dodici anni dall’apertura, nel 1996 si aggiunge la seconda, per chiudere il cerchio con la terza nel 2010, dopo cinque anni dal trasferimento nella villa sontuosa di Brusaporto, entrata anche nei circuiti Relais & Châteaux e Les Grandes Tables du Monde. Oltre a portare un paese di circa cinquemila anime a diventare una meta gastronomica irrinunciabile, Vittorio Cerea - mancato quasi vent’anni fa - la moglie Bruna e i cinque figli hanno creato e consolidato un gruppo che propone un’offerta multiforme, in cui gli elementi si allineano tutti nell’ineccepibile livello qualitativo dei servizi. Sono sette le stelle Michelin dei ristoranti, oltre al tristellato, le insegne di St. Moritz e Shanghai ne hanno entrambi due. A cui si aggiungono una pasticceria, una locanda, i concept pop-up e un catering che viene immancabilmente scelto per gli eventi più prestigiosi dal nord al sud Italia. Di qualche giorno fa l’apertura dell’ultimo progetto, il DaV by Da Vittorio Louis Vuitton al 2 di Via Montenapoleone, luogo emblema del lusso cosmopolita milanese.
Ed è Bobo Cerea che dà il benvenuto con un croccante di tuberi appena intiepidito dalla dolcezza terrosa e una nota leggermente nocciolata. Con la spuma di Parmigiano che avvolge di sapidità e il tocco del tartufo nero pregiato dal profumo legnoso e muschiato del sottobosco.
La ciliegia di foie gras ha un cuore burroso e nocciolato, contrastato dall’acidità del gel di ciliegia che la ricopre, dall’amaro del crumble di cacao e dal punteggiare sapido dei cristalli di sale Maldon.
Dallo chef residente arriva una tartelletta friabile che racchiude un gel di asparagi, erbaceo e lievemente dolce, con piselli fermentati che insieme a una insalatina al bergamotto aggiungono freschezza agrumata e un pizzico di acidità.
L’umami speziato della mousse avvolgente al salame toscano è custodito nel cannolo di peperone crusco, di una dolcezza leggermente pungente
Piatto cult di Brusaporto, gli spaghetti di tonno rosso di Carloforte crudo, dove è il pesce tagliato a filamenti a impersonare lo spaghetto, ha un sapore pieno quasi burroso. Sono appoggiati alla bagna cauda, con le sue nuances decise di aglio e acciuga che duettano con quelle tostate del crumble di pistacchi, mentre la scorza di lime diffonde una freschezza agrumata. “Mescolate tutto” consigliano e infatti ne esce un piatto vibrante di bontà.
In Che “cavolo” di risotto! la mantecatura al cavolo verde, vegetale e appena amarognola, si arrotonda con la spuma setosa di cavolo bianco. La bisque di gambero irrompe potente, mentre il gambero rosso di Sicilia in purezza contribuisce alla dolcezza marina. Il crumble di cavolo verde crudo regala infine una croccantezza vegetale che titilla la masticazione.
Lopopolo, in onore della sua città d’adozione propone la carne, ma sfuggendo alle consuetudini con un filetto di bisonte. “Mi piace lavorare con carni meno comuni e poco utilizzate - dice lo chef - ho scelto il bisonte perché è una carne dal sapore unico e la maturazione con il koji ne esalta ulteriormente la tenerezza e il gusto.” A cui si uniscono le note agrumate e resinose del pepe Voatsiperifery, ravanelli marinati e la polvere croccante di capocollo di Martina Franca a rinvigorire. In accompagnamento, porro arrosto, con gel di lampone.
Sempre dal Relais Le Jardin arriva il dessert, una pera pregna di sapore grazie alla cottura in osmosi, con un gelato al pecorino e un biscotto alle nocciole e il crumble di nocciola per una croccantezza quasi tostata.
Visto il periodo, chef Bobo ci delizia con la sua colomba, la classica, con vaniglia e profumo di arancia, ariosa e soffice, che anticipa uno dei celebri momenti più conviviali del tristellato bergamasco. Quando i famosi cannoncini alla crema pasticcera vengono farciti al tavolo, davanti agli ospiti, per mantenere croccante la pasta sfoglia e instaurare un momento di leggerezza e informalità con gli ospiti.
A chiudere la versione di Lopopolo dell’Apple Martini, cocktail a base di vodka e succhi alla mela. Il suo Appletini è racchiuso in una sfera di cioccolato bianco e cioccolato fondente da gustare in un sol boccone.
Il vero coup de théâtre arriva alla fine, ma nemmeno troppo di sorpresa, perché se il menu riporta “Un finale tutto da gustare da parte di Chef Cerea” è inevitabile pensare ai mitologici paccheri di Da Vittorio. Nati da un viaggio a Disneyland per i 25 anni di matrimonio di Bruna e Vittorio, la salsa prevede un mix di tre pomodori: San Marzano, datterini di Pachino e cuore di bue. Il piatto è mantecato come un risotto, con burro e Parmigiano massimo 22 mesi, per una cremosità millimetrica della salsa, che viene passata alla chinoise. Mantecati e impiattati sempre in sala davanti ai commensali, si sono trasformati negli anni in un momento coinvolgente e conviviale, diventando un tratto distintivo del ristorante.