Franco Mare a Marina di Pietrasanta. La sobria estrosità di Alessandro Ferrarini
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Il nuovo corso del ristorante della famiglia Stefanini riparte dalle incisive intuizioni del giovane chef varesino.


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Una storia che parte da uno stabilimento balneare a Marina di Pietrasanta gestito dalla famiglia Stefanini, che nel 2005 trasforma una parte dell’ambiente in spazio ristorativo. Nasce così Franco Mare, affidato alla conduzione dai fratelli Davide e Nicola, oggi uno fra i ristoranti più noti della Versilia e che affronta la nuova stagione con locale e proposta gastronomica ampiamente rinnovati. L’ambiente, ristrutturato pochi mesi fa, ha rincarato la dose di ricercatezza nel design, con arredi in stile marinaro-chic dove il bianco a tratti si tinge dei toni delle suppellettili turchese e corallo. Come quello riprodotto nel mosaico dell’ampia piscina, che dal fondo si riflette nel riverbero in superficie. Qui si affacciano i tavoli dell’area esterna, separata dall’interno dallo svolazzare mellifluo delle tende in voile di lino. Corallo che ritorna anche nella denominazione del servizio ristorativo proposto a pranzo, che si sviluppa attraverso un servizio dal mood informale e una cucina più lineare, dove è la materia prima a dettare legge.

Siamo esattamente a 1,5 km a sud di Forte dei Marmi, appena fuori dalle vie che d’estate vedono pedalare il jet set in bermuda rigatino e abitino sangallo, e l’obiettivo è uscire dall’effetto mimesi delle offerte di ristorazione ittica di cui pullula la Versilia. E incentivare a macinare quella manciata di pedalate in più per distogliersi dal mainstream delle proposte di pesce e porgere il palato alle intuizioni di questo abile chef classe 1983. E’ Alessandro Ferrarini, che dopo un paio d’anni come sous chef ora sovrintende al passe di un nuovo corso del Franco Mare. Partito dai banchi dell’alberghiero “De Filippi” di Varese, la sua preparazione parte dallo Schuman di Ispra, come capo partita a servizio di chef Silvio Battistoni, sterzando poi in direzione Forte dei Marmi da Gioacchino Pontrelli, chef del ristorante Lorenzo. Passando dall’apertura del Grand Hotel Imperiale sempre al Forte e poi ricoprendo per un periodo il ruolo di sous chef al Quirinale di Ginevra, di proprietà della famiglia Savoia.
Il suo è un compito che richiede una dose di audacia sobria che non sfori in artificiosità superflua, lasciandosi guidare da un estro temperato ma incisivo, nell’elaborazione di due percorsi binari, quello agile del pranzo “les pieds dans la sable” e il più corposo, serale del Franco Mare. Caratteristiche che chef Ferrarini riesce brillantemente a sbrigliare nella banda larga della sua creatività e a incanalare con fresca eleganza nei diversi percorsi gustativi.



L’aperitivo dà il la alla cena con spedite riletture di accostamenti classici come il cannolo ripieno di una salsa leggera di burro e acciuga; la crema di parmigiana; il cracker con salmone e maionese al lime e il carpaccio di tonno, salsa guacamole.

Una cialda dalla croccantezza cristallina, leggera e trasparente come una trina lavorata con sesamo e soia, di convincente piacevolezza, ricopre un carpaccio di capasanta accompagnata da asparago croccante e yogurt.
Al sapore del gambero, semplicemente spadellato, viene lasciato tutto il proscenio di questo piatto, dove l’insalatina di carciofi e la bottarga fanno da moderatori di dolcezza.
Mira dritto ad enfatizzare l’umami il fondo di vitello in cui sguazza lo scampo crudo, con caviale e mandorle tostate per temprare il morso.
Il calamaretto spillo, rafforza la nuance iodata con l’aggiunta di crema di vongole e per completare, la nota vegetale delle zucchine saltate.

Come ripieno dei setosi ravioli la scelta è ricaduta sulle cicale, evocatrici del gusto di mare nella sua accezione più nature, semplicemente ornati di una battuta di pomodoro fresco, con un sentore di alga fornito dalla spolverata di tè matcha
Elogio della freschezza per il risotto tutto vegetale, dove l’aroma erbaceo e la balsamicità del basilico si interrompe fra la dolcezza dei pomodori gialli e dei pisellini, e la pungenza mite dei peperoni.

Una salsa di asparagi, ornata di una crema di burrata e di bisque di astice accoglie morbidamente l’astice grigliato a cui si infonde croccantezza con il pain brioche in accompagnamento.
La triglia, da qualche tempo detiene il record per numero di presenze totali nelle carte dei ristoranti italiani, qui è reclusa in una crosta di pane, con una crema di cacio e pepe e fave. 

Dopo l’introduzione al momento dessert con un gelato alla salvia abbinato a cubetti d’ananas, arriva una ciliegia oversize ricostruita con una mousse di cioccolato, crema e una salsa di tè matcha.
Ancora in fase sperimentale, il gelato alla crema crogiolante in una zuppetta di ciliegie con nocciole croccanti.


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