Il Kadeau di Copenhagen. Eleganza e raffinatezza della wild cuisine contemporanea
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Nella cucina di Nicolai Nørregaard e Pancho Cardenas il battito della natura dell’isola di Bornholm arriva ai piatti ricodificato come pura avanguardia


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“We love Bornholm” è il pensiero che racchiude l’essenza del progetto Kadeau che si estende fra Copenhagen e Bornholm. In quest’isola, situata sotto la costa norvegese, a cinque ore di traghetto dalla Danimarca, dalle bianche chiese medievali, gli affumicatoi e la sferzante impetuosità della natura, persiste un solido attaccamento alla tradizione. È qui, sulla costa meridionale dell’isola, che nel 2007 l’autodidatta chef Nicolai Nørregaard insieme a Rasmus Kofoed acquista un ristorante in vendita e fonda il Kadeau. Con l’obiettivo di glorificare tutto quello che l’isola offre in termini di prodotti alimentari e di usanze e costumi gastronomici. Quattro anni dopo, nel 2011, insieme a Magnus Kofoed, la stessa idea prende forma anche nella capitale danese e i tre soci danno vita al Kadeau Copenhagen che nel 2014 ottiene la prima Stella Michelin, per bissare poi quattro anni dopo. Mentre al ristorante di Bornholm il macaron della Rossa arriva nel 2016.  
Situato nell’ultimo lembo residenziale prima di varcare la porta del variopinto e anarchico quartiere di Christiania, il Kadeau si riconosce dal celebre portone azzurro polvere. In una strada dove le finestre dei palazzi d’epoca sono costellate dalle luci delle candele sui davanzali che diffondono quel senso di accoglienza e familiarità tipici della hygge danese. Il concetto che racchiude la creazione di una atmosfera casalinga che determini un senso di felicità a rilascio lento e che rende questo popolo fra i più felici e soddisfatti del pianeta, nonostante il buio dilagante e il clima piovoso e grigio per gran parte dell’anno. 
Suonato il campanello, e attraversato il lungo corridoio, il primo ambiente che si apre allo sguardo è la cucina, completamente aperta sulla sala, dove le isole in rovere, i piani di lavoro dei cuochi, fungono quasi da palcoscenico per i tavoli della prima fila. Sul fondo le grandi vetrate che danno sul giardino, a cui si accede da un angolo relax con divano e poltroncine in legno curvato. 

Titolare della cucina, con la sovrintendenza di chef Nørregaardè, è Francisco “Pancho” Cardenas, originario di Punta Arenas, nella Patagonia Cilena, con un curriculum costruito fra l’Australia e Cambridge, qui guidato dal battito della natura di Bornholm che arriva ai piatti ricodificato in pura avanguardia. Da qui proviene il 90% degli ingredienti sia selvatici che coltivati, tranne le vongole artiche e il salmone che arrivano dalla Norvegia. Una cuisine locale edificata su ispirazioni provenienti da tutto il mondo.
Non esiste menu alla carta, ma l’esperienza si costruisce su un percorso di diciotto portate-assaggi a cui si può affiancare un abbinamento alcolico o analcolico.



Si apre con kefir, pera ossidata e olio di foglia di fico.
I cardi o cuori di mare si alternano ai cavoletti di Bruxelles, in parte bolliti e in parte arrostiti, come in una millefoglie e si accompagnano a un pesto di nocciole e piselli fermentati.
Il cavolo rapa, cotto sulla brace viene miscelato con ribes nero e diverse varietà di pigne sottaceto fra cui quelle di abete Nobilis con il loro classico colore amaranto.

Arriva dalle Isole Faroe la vongola artica (Arctica islandica) vecchia di 150 anni, scaloppata cruda con ribes bianco e fiori di sambuco conservati. 
Una sottile lamina di rombo liscio, lasciato in salamoia per una notte, viene addobbata con alghe, fragole disidratate, piccoli sottaceti, e semi di prezzemolo.

Come in uno spiedino, i calamari danesi vengono avvolti nella pancetta, accostati a una foglia di cavolo nero acidulato grazie a una pasta di formica rossa. Da alternare a un sorso di brodo di manzo e funghi.

L’ostrica di Limfjord leggermente scottata è appoggiata su una emulsione della stessa ostrica, su un crumble di patate addizionato di qualche goccia di aceto e un purè di patate con erbe di stagione. A completare con la nota vegetale e acida alcune foglie di ribes nero sottaceto .
Uno dei piatti simbolo del Kadeau di Bornholm, è il salmone norvegese affumicato a caldo e a freddo; con pomodoro fermentato, foglie di fico, rosa canina e fichi acerbi sotto sale. La tecnica dell’affumicatura viene appresa nella “smokehause” del ristorante sull’isola. Prima il pesce viene messo sotto sale due-tre giorni, viene poi affumicato a freddo per 7 ore e successivamente a caldo per far formare una crosta esterna che mantiene l’interno succulento. Vengono aggiunte alcune fettine di fichi acerbi e rosa canina tenuti in salamoia per dare un tocco di sapidità e croccantezza. Un brodo di pomodori fermentati e uno sciroppo di rose selvatiche chiude rinfrescando il palato.
Un classico danese, il cavolo caramellato lentamente, si congiunge alle noci raccolte nell’albero del giardino che si intravede dalle vetrate, posto su una salsa di alghe arrostite e burro, rifinito con un tocco di caviale

Uno dei piatti della tradizione dell’isola di Bornholn è il porridge e con ciò che avanza si usa fare i Pancake. Al Kadeau viene preparato un porridge di orzo che viene poi fatto fermentare per ottenere il koji, con il quale vengono fatti i pancake. A cui si aggiunge grasso di manzo e formaggio Havgus, un formaggio a pasta dura danese, cavolo nero e fiori di stagione.
Il Nexø Nigiri è un piccolo trancio di sgombro semplicemente salato, sostenuto da un crumble di pane di segale e formaggio di capra e punteggiato da daikon e cipolline sottaceto per intervallare con dolcezza e acidità.
Il sapore della capasanta è rinvigorito da quello delle sue uova, da rafano e canapa.

Una alternanza di dolce e sapido la tartelletta di aragosta blu danese, con panna caramellata e rosa canina, pomodorini semi-dry cotti in olio di alga e scalogno grattugiato.
La cozza cavallo (Modiolus Modiolus) viene prima affumicata a caldo e poi fritta nel burro, è servita con barbabietola affumicata e reidratata con succo di barbabietola, con germogli di abete rosso sottaceto e lievito crispy.

Triplo servizio per l’anatra selvatica. Il petto è accompagnato da petali di cipolla e da un purè di aglio nero ricoperto di timo. Il fondo viene integrato dal flambadou, un condimento di grasso dell’anatra fuso, gocciolante dal foro di un cono di ferro che viene posto sulla brace ardente finché non diventa incandescente. E nel momento in cui il grasso si infiamma e si scioglie viene fatto gocciolare sulla pietanza. Le cosce sono cotte confit, poi passate al barbecue e laccate con una salsa di kombucha. Insieme arrivano funghi porcini con prugne Mirabelle conservate in salamoia, più una sorta di sandwich di foglie nasturzio farcito con il fegato dell’anatra.   

Una crème fraîche con lamponi e acquavite di noci fa da intermezzo fra le pietanze salate e i dessert.

Le alghe arrostite sono il supporto del gelato al latte di Bornholm che si abbina a una riduzione di siero di latticello e al burro nocciola.
Le prugne vengono essiccate in due modi diversi, una parte tenuta due giorni all’aperto, sui sassi, e l’altra lasciata essiccare per più di una settimana. Per il dessert si congiungono ad olmaria amarognola e tannica, e fiori di carota.
Accompagnano il caffè una fetta di torta all’aceto di sidro di mele, piccoli crackers dolci con composta di mele e germogli di abete rosso, con panna e polvere di timo. Pane al miele con burro fatto in casa.


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