Ristorante Pepe Nero a Prato, con lo Chef Mirko Giannoni e la Cena a Regola d’Arte
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Mirko Giannoni e Sara Sanesi, chef e maitre del ristorante Pepe Nero di Prato portano in tavola i capolavori dell'arte contemporanea


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Al Pepe Nero a Prato, una sala che non solo è il proscenio delle preparazioni di chef Mirko Giannoni ma è a tutti gli effetti una galleria d’arte che espone a rotazione una collezione dei capisaldi dell’arte contemporanea. Lo chef è alla conduzione della cucina dal 2002, quando giovanissimo decide di avviare il suo percorso insieme al padre Marino, a cui qualche anno dopo si affianca, in sala, la fidanzata Sara Sanesi. Cresciuta in una famiglia di collezionisti, coinvolge Mirko nell’intridere d’arte l’esperienza gustativa al loro ristorante.

Raccontare e fruire l’arte a tavola, travalicando il registro accademico, in un frangente di appagamento sensoriale come il “gustare” induce senza dubbio un godimento e un arricchimento più pervasivi e dilettevoli.
Un connubio introdotto quest’anno anche alla Biennale di Venezia, dove per la prima volta artisti e visitatori possono pranzare insieme, due volte al mese, mentre conversano di estetica e discorrono delle opere esposte davanti a stuzzichini e bollicine.
La Cena a regola d’arte svoltasi al Pepe Nero si potrebbe definire una performance interattiva, che ha visto Mirko creare i piatti ispirandosi alle opere esposte in sala, Sara narrare la poetica degli artisti e i commensali interagire con pietanze e quadri in una situazione piacevolmente immersiva.

La partenza è con Joseph Kosuth con un’opera del ’67 (Art as idea as idea) [Water] e la sua definizione dal dizionario montata su tavola per esprimere la forza della tautologia che sostiene la sua arte. La pittura priva di alcun messaggio politico o sociale ma solo concepita come risultato fra forma essenziale e potenza dell’idea. Il piatto riproduce l’essenzialità dell’acqua di mare racchiudendola in una sfera per dare un riff iodato ad uno scampo che ritrova l’acqua in un vapore profumato al lime.

Qualche anno prima Piero Manzoni, faceva inscatolare 90 barattoli ciascuno contenente gr. 30 di un contenuto etichettato come “Merda d’artista”, l’opera che si è fatta veicolo della sua verve provocatoria. Con il suo coraggio e la sua ironia ha trasformato l’artista nell’opera, consacrandone il corpo in tutte le sue parti, anche le più indecorose. Anche un piatto come tonno e cipolla, di bertoldiana memoria, può ritrovare una connotazione nobile e alta se cotto confit in porchetta e impiattato con cipolla rossa e fagioli cannellini nel famoso barattolo.

Con Project di Christo entriamo nella elevazione ad arte di bozzetti e progetti preliminari della sua Land art, la mimesi fra natura e progetto che si sprigiona dall’impacchettamento di edifici e porzioni di paesaggio. La vendita dei disegni è finalizzata al finanziamento di queste enormi imprese che celando una parte di un tutto, la rendono opera. Chef Giannoni ci presenta una tartara di dentice, crema di ricotta e pistacchi allegandovi il bozzetto narrante la struttura del piatto, insieme ai campioni come assaggi degli ingredienti usati.

Una grande esaltazione dell’ego è il principio dell’arte di Ben Vautier, l’arte totale dell’opera Geste del ’66 che è tutto, compreso il niente; ignorare, dimenticare, non vedere, non intendere. Da qui l’idea dello chef di proporci un piatto al buio. Bendati odoriamo quello che si rivelerà un risotto ai gamberi rossi e vermouth, con cubetti di mortadella di Prato a crudo che tuttavia fatica a contrastare sufficientemente l’omogenea dolcezza dell’insieme.

È il taglio, l’emblema di Lucio Fontana, in Concetto spaziale del ’65, il simbolo della portata principale. Tagli e buchi come atti mentali, che penetrano la materia per creare continuità e un rapporto fisico con lo spazio reale, sfondando la metafora dell’arte. Lo stesso fa lo chef quando incide la pellicola, in tinta con la tela originale, che cela il timballo di Ombrina Bocca d’Oro, ripieno di asparagi bianchi, appoggiato su una salsa di topinambur, con crumble di olive e noci.

Il dessert prende forma da una data, Millenovecentosettanta, Alighiero Boetti ha una predilezione per le date, che accrescono la loro importanza sulla lunga distanza, man mano che il tempo trascorre. È la loro memoria, il ricordo che le rende più interessanti. Ricordo di Prato si scinde nel piatto negli elementi che compongono i cantucci, un cremoso alla mandorla fra crumble e biscotti al cioccolato.

La selezione dei vini curata da Sara ha incluso, fra gli altri il Sélection Brut A. Bergère dalle cantine di Epernay, con la sua eleganza floreale e carnosa.

Ristorante Pepe Nero
Via Adriano Zarini, 289 – Prato
Tel: 339 340 0460


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