Niccolò Palumbo e Lorenzo Catucci conducono una squadra di brillanti professionisti, mossi da una motivazione detonante e un profondo trasporto per il loro progetto
James Hillman, uno dei più visionari psicologi e filosofi dei nostri tempi, definisce l’entusiasmo come “un moto i cui effetti possono essere eroici, un momento di esaltazione dello spirito che dà una straordinaria capacità di fare. Ogni ostacolo cede di fronte alla forza che ti porta, simile a un drago volante, a un fiume in piena che ti trascina”. Ed è il volo di questo drago che si avverte appena approcciato l’ingresso del Paca a Prato. Un ristorante giovane, aperto due anni fa dai giovanissimi Niccolò Palumbo, chef, e Lorenzo Catucci, maître, che ne hanno marchiato l’insegna con la crasi delle prime due lettere dei loro cognomi.
Ricavato dalla ristrutturazione di uno storico ristorante, l’ambiente è di una sobrietà contemporanea, minimale, e diffonde una atmosfera che si può definire la materializzazione del meme “good vibes only”. Sui tavoli gli Umarell stampati in 3D di Superstuff, che come recita la promessa di marca, aumentano la produttività del 10% nel luogo dove sono posizionati. E da quello che ci si para innanzi dopo esserci accomodati bisogna ammettere che funzionano.
Insieme a chef Palumbo, con un bagaglio di esperienze blasonate come quella di Villa Crespi con Antonino Cannavacciuolo, presidia la cucina, nel comparto pasticceria, il fratello Gabriele. Mentre in sala, Marco Tirinnanzi forma con Catucci una coppia formidabile, che davvero può far impallidire alcuni servizi stellati, per l’elegante senso dell’accoglienza e l’estrema competenza e conoscenza di prodotti e preparazioni. Quello che si percepisce è la condivisione di un percorso costruito su un limpido confronto reciproco, i ragazzi si raccontano e si scambiano idee, si ascoltano. In questo momento carico di insidie, disseminato di incertezze e depistaggi non hanno mai ceduto allo sconforto, ma hanno rinsaldato la loro capacità di adattamento e per tornare a Hillman la loro “straordinaria capacità di fare”.
Alla guida del Paca c’è una squadra di abili professionisti, mossi da una motivazione detonante e da un profondo trasporto per il loro progetto, che si traducono in una cucina entusiastica e di raffinata fattura. Dove lo studio delle materie prime e una creatività dinamica producono un flusso frenetico di idee che fomentano una produzione di piatti intensa e brillante.
Un’acqua tonica, con gazzosa Lurisia, gin dell’Opificio Nunquam e un cubo di centrifuga congelata di cetriolo, mentuccia, lime e zenzero dà il via agli sfiziosi divertissement iniziali. A cui si uniscono una polpettina di dentice; un cuscino di pane al nero di seppia con spuma di robiola aromatizzata allo zenzero e bottarga di ombrina. Una terrina di fegatini di pollo, cioccolato fondente, pistacchio e mandorle, che evoca un torroncino di cibreo. Una mousse di parmigiano e liquirizia, glassata con gelatina di oliva, travestita appunto da oliva; una spuma di pecorino romano con polvere di cardoncello.
Attenzione maniacale per gli ottimi panificati, dai grissini con farina Gran Prato del Molino Bardazzi e olio extravergine di oliva; alla focaccia con Gran Prato e semola rimacinata di grano duro Senatore Cappelli. Eccellenti le cialdine di farina di ceci, le chips di patate arrosto e i crackers con farina integrale macinata a pietra Molino Bardazzi con semi di sesamo bianco e nero.
Tre consistenze di ceci nobilita la modestia dei legumi che si presentano sotto forma di vellutata punteggiata da una granella croccante, creata con la parte esterna dei legumi e di un’aria della loro acqua di cottura, filtrata e montata fredda.La ventresca di ricciola viene leggermente marinata e accompagnata da finferli scottati, polvere di amaretti, una emulsione di olio extravergine e zucca e cubetti di zucca butternut. Che viene prima congelata, in modo che i macro-cristalli ne sdruciscano le fibre, e poi passata alla piastra. In un piacevole match palleggiato tra il dolce e l’amaro, declinato a sua volta in nuances terrose e di brace.
È una salsa di latte di mandorla e acqua di cottura di baccalà che avvolge il filetto del merluzzo tiepido, precedentemente cotto fino a fargli raggiungere al cuore una temperatura di 48°. A dare man forte alla sua delicatezza iodata il di tartufo uncinato, con l’apporto vegetale della lattuga arrosto.
Un velato carpaccio di barbabietola si frappone tra una capasanta scottata e una pancetta di maiale grigio cotta 36 ore a 65°, marinata in salsa teriyaki. Con un sottofondo di crème fraîche ad aguzzarne a tratti lo sfarzo adiposo.
Una purea di fave bianche sorregge la rana pescatrice cotta al vapore, avvolta in un aroma orientaleggiante dato dalla glassatura di un mix di salsa di soia, oyster sauce, aceto di riso, aceto di riso fermentato, olio di sesamo, zenzero e lemongrass. L’indivia cotta sottovuoto con zenzero, aceto di lamponi e poi finita alla griglia chiude con la raffinata complessità di un amaro acidulo.
Una grattugiata di grande pregio eleva il tagliolino all’uovo, mantecato con burro di alpeggio, crema di tuorlo d’uovo e tartufo bianco. È quella che piove da un Gran De’ Magi, metodo parmigiano, di Andrea De’ Magi di Castiglion Fiorentino, metà latte di bufala, metà latte vaccino, riserva 2015. Che peraltro esce da un carrello dei formaggi degno di nota.
Sono ripieni di una crema di stracchino i plin che si sollazzano in una salsa sontuosa di ostriche e scalogno, richiamato anche dalla foglia marinata, con un tocco di finocchietto selvatico.
La pappardella tiene in serbo una farcia di funghi porcini, che si sfogliano anche a carpaccio, a completamento di tutte le sfaccettature del loro sapore originario. Una opulenta spuma di toma vaccina li accoglie, con la complicità dell’olio al pino marittimo che infonde una piacevolmente dissonante balsamicità.
È invece la dolcezza erbacea di una crema di di Pecorino delle Balze Volterrane a intrattenere i bottoni ripieni di un estratto di spaghetti aglio, olio e peperoncino, che si uniscono a un carpaccio di rognone di vitello scottato. Le polveri di prezzemolo e capperi si alternano nel conferire freschezza e sapidità.
Per donarle un morso inaspettatamente più croccante, la lingua di vitello viene passata alla piastra dopo essere stata a 85° per 6 ore, a potenziarne il carattere una beurre blanc alla colatura di alici di Cetara, con una bietolina appena scottata a completare con un lieve accenno terroso.
Ludico il Sushi del Chianti che riproduce l’hosomaki con soli prodotti di terra toscani, con il guanciale di maiale grigio a orlare la battuta al coltello di chianina. Una composta di peperoncini verdi piccanti a giocare il ruolo del wasabi e una aigrette con metà mosto cotto del Podere Campriano di Greve in Chianti e metà aceto di vino rosso nei panni della salsa di soia. Supplisce lo zenzero, quale propizio resettatore, uno zest di pompelmo in salamoia.
Il controfiletto di agnello è scottato alla piastra e nappato con una salsa del suo fondo e sciroppo d’acero, ritoccato nella dolcezza dal fresco sentore delle erbe di Provenza. Accostato, un pomodoro cuore di bue verde fritto che croccanteggia nella sua acidità.
Generosa di collagene la costina di maiale grigio, cotta a bassa temperatura, è marinata con una gradazione di paprica dal dolce al piccante, abbinata a una salsa bernese classica per la sfumatura asprigna e a un millefoglie di patata rossa di Firenzuola.
Freschezza, ma anche aromaticità, per il reset prima del dessert, arrivano da una meringa ghiacciata di succo di uva merlot, con composta alle more e cosparsa da una polvere di olio extravergine Filettole.
Un crumble di cacao e una spugna di nocciola ospitano un funghetto di ganache alla nocciola, una foglia croccante alla vaniglia, un sasso di ganache al cioccolato fondente al 70% Noalya, una nocciola caramellata e una mousse alla vaniglia.
La prorompenza del caramello completa la piacioneria del popcorn, a cui si aggiunge un gelato al popcorn caramellato, più un cremoso e polvere di arachidi, con la namelaka e il cremoso allo yogurt a equilibrare egregiamente.
Un lavoro ammirevole anche nella piccola pasticceria che si compone di macaron al cioccolato fondente 70% Noalya. Ganache alle arachidi ricoperta di glassa di cioccolato bianco e burro di arachidi. Finta melina ripiena di mousse allo yogurt e glassata con una gelatina di mela verde e menta. Tartelletta con chantilly al limone e crema di albicocche. Babà con bagna al gin Bathtub dell’Opificio Nunquam.