Che cosa rende così speciale la pasticceria danese?

Negli anni Quaranta dell’Ottocento, un giovane fornaio danese, Niels Christian Albeck, partì per un viaggio studio a Vienna. Da quella capitale, che lo stregò per il suo fascino, tornò a Copenaghen con conoscenze che avrebbero cambiato per sempre il repertorio gastronomico nordico. Ovvero la tecnica della viennoiserie, l’arte di piegare un impasto lievitato alternandolo a sottili lamine di burro da cui scaturisce quella magia che conosciamo tutti molto bene. Superfici croccanti e lucide, interni soffici e stratificati. Niente di nuovo naturalmente, è la stessa tecnica che i francesi hanno reso celebre con il croissant.
Ben presto i panettieri di tutta la Scandinavia adottarono quel “pane viennese”, ribattezzato wienerbrød, ma lo adattarono al loro gusto aggiungendo più uova e zucchero, ottenendo così un impasto più dolce e un’alveolatura soffice e ariosa. Su questa base nacquero dolci simbolo come il direktørsnegl, una spirale al cioccolato, letteralmente “lumaca del direttore”, oppure il frøsnapper, una treccia farcita di remonce, una crema di burro, zucchero e spesso mandorle, ricoperta di semi di papavero e sesamo.
“Quando ero bambina, le pasticcerie tradizionali ne esponevano una ventina di varietà - racconta al New York Times la food writer Trine Hahnemann, 60 anni, cresciuta a Copenaghen - poi, negli anni Ottanta, molte delle storiche botteghe chiusero, travolte dalla concorrenza dei dolci industriali.
Due decenni dopo, grazie all’impulso della New Nordic Cuisine, la pasticceria danese è tornata a fiorire. Nel 2018 Richard Hart, ex head baker dell’amatissima Tartine di San Francisco, aprì Hart Bageri a Frederiksberg con René Redzepi del Noma, un omaggio alle specialità danesi affiancato ai grandi classici francesi. Oggi Hart conta 11 sedi in città.
“Tutti possono permettersi un buon croissant; uscire a cena in certi ristoranti, invece, può essere proibitivo”, osserva Emil Mørkeberg, 40 anni, proprietario della bakery Skipper a Østerbro, aperta con la moglie Carolina dopo l’esperienza con Brød, celebre per il suo pane a lievitazione naturale. Come gli chef New Nordic, anche i migliori panettieri danesi riducono al minimo gli ingredienti lavorati. Un rigore che attira addirittura i colleghi francesi, “Vengono da noi a imparare a fare i croissant. Sembra assurdo, ma qui hanno una texture migliore”, racconta Mørkeberg, ipotizzando che il merito sia del burro danese, quasi sempre leggermente salato.
Anche l’Italia ha una parte nel rinnovato splendore della pasticceria danese, il merito va a tutti i giovani professionisti che lavorano in molte bakery in prevalenza a Copenhagen. Come il cuneese Marco Margaria, trent’anni, formazione all’UNISG di Pollenzo, oggi alla guida dell’imponente produzione di Andersen & Maillard, una delle bakery più rilevanti della capitale. Sotto la sua direzione escono dai forni tre tonnellate di pane a settimana, cifra che dà la misura della capacità e della competenza messe in campo.
Il marchio, celebre in città per il Cube Croissant al pistacchio e per pani di rara qualità, conta tre sedi, tra cui una nel nuovo e stiloso distretto di Nordhavn.
Gli interni, di elegante sobrietà, combinano in perfetto stile nordico pragmatismo e raffinatezza: il progetto è della giovane architetta Danielle Siggerud, abile nel tradurre la filosofia della casa in spazi luminosi e accoglienti.
Una delle nuove frontiere, però, è un’altra, i cereali locali. Alla Tír Bakery, aperta a Copenaghen per quasi tutto l’anno e trasferita a Odsherred nei weekend primaverili ed estivi, la pasticcera Louise Bannon prepara pani a pasta madre e dolci, dalle tartellette ai mirtilli selvatici ai kouign-amann, usando farine appena macinate come l’innovativa varietà danese di grano ricca di glutine Mariagertoba. Nelle cucine del Kadeau, ormai storico ristorante con sedi a Bornholm e a Christianshavn, le farine provengono esclusivamente da Bornholm o dal sud della Svezia, trasformandosi in tartellette di aringa o pie alle more artiche.
E se la Danimarca ha importato molto, oggi esporta altrettanto. «L’anno scorso alcune bakery emergenti di Londra producevano fastelavnsboller», racconta Talia Richard-Carvajal, 34 anni, creative director e COO di Hart. Questi soffici panini ripieni di confettura e crema, legati a una festa nordica di fine inverno che annuncia la Pasqua, stanno conquistando l’Europa. A Vienna, al café Ihana, la pastry chef Hanna Yrjölä li prepara per tutta la stagione del Carnevale, farcendoli con crema, pasta di mandorle o marmellata di lamponi.













