A Sangue na Guelra i grandi nomi della gastronomia mondiale hanno condiviso la loro visione sul potere del cibo
, , Magazine

Alex Atala, Daniel Humm, Joan Roca e molti altri hanno dibattuto sull’attuale situazione gastronomica in una due giorni di incontri in live streaming


Condividi:
Tempo di lettura:
7 minuti
Iscriviti alla newsletter per essere sempre aggiornato
Sostieni popEating


È uno dei movimenti gastronomici internazionali più fuori dagli schemi. Che dal 2013 riesce a mixare efficacemente avanguardia e audacia, coinvolgendo gli chef portoghesi, ma non solo, maggiormente proiettati a una cultura del cibo innovativa e interdisciplinare. I fondatori, Ana Músico e Paulo Barata, gli hanno impresso uno spirito irriverente già dalla scelta del nome, in inglese Blood n’Guts, che in italiano si può tradurre, in una connotazione pulp, come “sangue e budella”. Il simposio che d’abitudine fa arrivare a Lisbona i più bei nomi della cucina mondiale, quest’anno si è svolto, per ovvi motivi, in live streaming, il 4 e 5 maggio. Promuovendo un dibattito globale che ha coinvolto 40 fra chef, giornalisti, produttori e imprenditori intorno al tema “The Power of Food”, in cui ognuno aveva a disposizione 30 minuti per esporre le proprie considerazioni sul momento che stiamo vivendo, per un totale di 18 ore di diretta Youtube e Facebook. Moderati dagli organizzatori Ana e Paulo, i relatori hanno condiviso le loro esperienze e le loro visioni, cercando di trovare delle risposte alle domande che tutta la comunità gastronomica si sta ponendo. Come affronteranno i ristoranti il cambiamento di abitudini di consumo dei clienti? Quali caratteristiche dovranno avere? Che ruolo avrà il fine dining? 



La lista di coloro che hanno accettato l’invito a dipanare questi temi è davvero lunga e comprende molti personaggi di spicco del comparto ristorazione, fra cui Dan Barber, Daniel Humm, Alex Atala, José Avillez, Henrique Sá Pessoa, Ana Roš, Gaggan Anand, Joan Roca, Andoni Aduriz, Enrico Vignoli, Andrea Petrini e Virgilio Martínez. 

Se dovessimo riassumere questi proficui due giorni di conversazioni, l’essenza degli speech si potrebbe condensare in parole chiave come: solidarietà, riscoperta, rispetto, creatività, cambiamento.

Ma anche il senso di comunità è stato molto citato negli interventi, perché mai come in questo momento ci si è sentiti coinvolti nel supportare chi ci circonda “La prima cosa che tutti dovremo fare è dare un’occhiata a cosa accade nel nostro ‘vicinato’. Non credo esista una risposta univoca su come procedere d’ora in poi, ma tutti dovremmo trarre ispirazione da quanto fanno gli altri e rivolgerci a un pubblico che includa la propria comunità”, ha affermato Enrico Vignoli, direttore del back-office del Gruppo Francescana di Massimo Bottura. Che durante la quarantena ha organizzato la consegna a domicilio del suo “bistrot” Franceschetta58 e ogni sera ha condiviso in diretta Instagram KitchenQuarantine,  la sua preparazione della cena in famiglia in quella che è diventata una sorta di sit-com seguitissima da tutto il mondo.

Il giornalista di Fine Dining Lovers Ryan King ha sottolineato quanto sia fondamentale per ogni chef, ristorante o progetto, ancor più se legato al turismo, riuscire a trovare il modo di attivarsi e lavorare anche a livello più locale. “Sarebbe importante trovare almeno un punto di connessione con la propria comunità studiando un’offerta che soddisfi anche esigenze diverse da quelle turistiche”, ha concluso.

Su questo si è trovato d’accordo anche Hugo Brito, chef di Boi-Cavalo, ristorante di Alfama, uno dei quartieri più turistici di Lisbona. Brito ha realizzato la necessità di rivolgersi a un pubblico più locale. “Le imprese non possono dipendere così tanto dal turismo. Dovremo avvicinarci ai portoghesi ”, ha riassunto in una conversazione con gli chef Alexandre Silva, di LOCO * e FOGO e Vasco Coelho Santos di Euskalduna Studio.

“È urgente rivalutare il nostro rapporto con gli ingredienti, con la terra, con il mare.” Questa è stata una delle affermazioni più ripetute durante i due giorni, ribadita anche da Virgilio Martínez del Central di Lima e dalla compagna Pía Léon, alla guida di Kjolle, che da tempo perseguono questo concetto nel loro centro di ricerca Mater Iniciativa. Come anche Rodolfo Vilar, fondatore del progetto A.MAR, creato con lo scopo di ottimizzare la pesca artigianale, migliorando il lavoro delle comunità di pescatori brasiliane.

Anche secondo Mauro Colagreco, chef del Mirazur, miglior ristorante al mondo nel 2019, il rapporto che abbiamo avuto finora con il cibo forse non è stato il migliore che si potesse avere e, ad oggi, un cambiamento è senza dubbio doveroso, per un consumo più razionale ed equilibrato, consapevoli dell’impatto di ciò che consumiamo.

È necessario, quindi, avere più rispetto per ciò che mangiamo, sia impostando che insegnando una cucina più consapevole e senza sprechi, come suggerito da Alex Atala del DOM di San Paolo in Brasile, prestando maggiore attenzione a ciò che è locale. Come per il percorso che ha intrapreso Joan Roca a El Celler de Can Roca, con un consumo più diversificato di pesce, uno dei temi centrali del messaggio trasmesso da Luís Rodrigues, direttore regionale della pesca delle Azzorre.

Fra le conversazioni più ispiranti, quella tra Daniel Humm e Alex Atala, che hanno confermato come la crisi possa essere un’opportunità per riscoprire valori e obiettivi della professione di cuoco che negli ultimi anni si sono persi lungo il cammino . Dopo aver trasformato il suo Eleven Madison Park  in una attività non-profit per la distribuzione di pasti ai più bisognosi, Humm è sempre più convinto che, in futuro, non abbia senso avere un ristorante senza un obiettivo più ampio, che vada oltre la mera attività di vendere pasti. E ha concluso “Siamo tutti colpevoli dell’attuale situazione. Abbiamo viaggiato in tutto il mondo, inseguendo i premi e allontanandoci dallo scopo principale del nostro lavoro. Ora dobbiamo guardare tutti a ciò che facciamo con uno sguardo più profondo, ma soprattutto umano, perché i ristoranti svolgono umanamente un ruolo importante e possono veicolare messaggi determinanti per cambiare il mondo”. In chiusura della sessione, Gaggan Anand, dell’omonimo ristorante di Bangkok, ha  affermato: ” stavamo vivendo una vita “industriale” e ora siamo tornati alla vita umana”.

Durante i due giorni si sono susseguite opinioni più pragmatiche e idee più visionarie e romantiche, ma il tema che ha messo tutti i relatori d’accordo è che ora il cambiamento è senza dubbio necessario. Come ha detto anche Andoni Aduriz “se continueremo ad essere così conservatori, sarà impossibile affrontare lo scenario che la pandemia ha creato, chiunque abbia un’idea, questo è il momento di tirarla fuori. La situazione è difficile, tutto è una sfida, ma tutto è anche un’opportunità. Sebbene la mia attività sia in una situazione economica non rosea, mi sto concentrando solo sulle opportunità ” ha continuato lo chef del Mugaritz, che peraltro ha confermato il posto di lavoro a tutto il suo team.

Come sempre provocatorio, Andrea Petrini, giornalista e ideatore di GELINAZ !, è stato particolarmente critico nei confronti della situazione che si è creata nell’intero settore negli ultimi anni. “20/25 anni fa” ha raccontato “Time Out ha iniziato a recensire i ristoranti, cosigliando ogni settimana,  ai suoi lettori, almeno 5 nuovi ristoranti interessanti, che valeva la pena provare a Parigi, Londra, Lisbona, New York, Milano,ecc. Probabilmente tutti noi giornalisti abbiamo contribuito a questo quadro consumistico, ma siamo sicuri che ogni mese, in una città, ci siano fino a 5 nuovi ristoranti dove valeva la pena andare a mangiare? Forse si contano nell’arco di un anno… Ma soprattutto vogliamo davvero che alla fine di questa pandemia la situazione rimanga la stessa? A me piacerebbe che cambiasse, ma vedremo quello che succederà. 

Ha racchiuso un po’ il pensiero di tutti la chiusura di Alex Atala che ha affermato “non  possiamo aspettarci che la soluzione arrivi dai politici o dai medici: dobbiamo trovare una risposta collettiva. Tutti abbiamo bisogno di cambiare come esseri umani, e grazie al fatto che ci siamo svegliati da un bellissimo sogno realizzando che stiamo vivendo un incubo, questo ci darà modo di imparare nuovi valori.”


Condividi:
Altri articoli su: