La pubblica ristorazione di Benso a Forlì, la cuisine da chiosco di Pier Giorgio Parini
, , Magazine

Un progetto brillante che ha trasformato il “baracchino dei giardini” in un modello di cucina contemporanea di alto livello


Condividi:
Tempo di lettura:
5 minuti
Iscriviti alla newsletter per essere sempre aggiornato
Sostieni popEating


“Attenti a non cadere da lì” intima Simone Zoli a un trio di bambini che scorrazzano su è giù dai gradini dei giardini pubblici Orselli di Forlì, davanti a Benso, il ristorante di cui è comproprietario da un anno. È estate e le vetrate che si ergono dal perimetro di quello che era il vecchio chiosco dei giardinetti di Piazza Cavour, sono completamente aperte. E consentono un dialogo reale fra interno ed esterno, incoraggiando la collaborazione nell’attività di accudimento con alcune mamme, che chiacchierando sulle panchine, perdono di vista i loro pargoli. Il mood informale e conviviale che trasmette Benso si racchiude in questi episodi di quotidianità, in cui emerge la positività di una interazione concreta fra un ristorante e la sua città. Passato da una radicale ristrutturazione che l’ha trasformato dal “baracchino dei giardini” ad un angolo di design dall’essenzialità elegante e di sapore nordico, il nuovo locale di Forlì, diffonde un senso di ricercato relax. Per non demolire completamente il suo originario appellativo, si potrebbe definire un baracchino d’essai che all’estetica unisce una buona dose di accuratezza del servizio e dell’ospitalità ed una cucina che si fa strada verso una connotazione identitaria ben definita e riconoscibile.

Oltre a Simone, già oste del Don Abbondio, sempre in centro storico, il progetto ha la paternità di altri due soci, Maicol Ravaioli e Jacopo Valli, che all’unanimità hanno consegnato la supervisione della cucina nelle mani di Pier Giorgio Parini. “Ci siamo incontrati per caso io e Pier Giorgio – racconta Zoli – e gli ho espresso la mia volontà di riportare il chiosco a nuova vita, chiedendogli qualche consiglio su come impostare la cucina. Quando poi ho saputo che aveva lasciato il ristorante per dedicarsi soprattutto alla consulenza non ci ho pensato due volte a proporgli di entrare a far parte della nostra squadra per sovrintendere al lavoro dei ragazzi ai fuochi”. E l’impronta Pariniana è immediatamente intelligibile, dalla predilezione per il vegetale e l’erbaceo, alla straordinaria eleganza nell’avvicinare materie e sapori in apparenza dissonanti, da infallibile stuntman degli accostamenti quale è. Benso è aperto tutti i giorni a pranzo, cena e all’aperitivo, con una carta a rotazione stagionale per la cena e il Pranzetto, che cambia ogni settimana, con due piatti e un calice di vino a 20 €. Questa è la Pubblica Ristorazione, come recita il payoff sotto il nome nell’insegna, ovviamente riferito al Conte piemontese, l’elevata qualità che diventa pop, ironica, che non si autocelebra e non si parla addosso, ma soprattutto accessibile, totalmente appagante, ma senza pedanteria e che non necessita di spiegazioni allegate. Il gruppo di lavoro è in continua produzione di idee per costruire una esperienza intorno alla mera fruizione delle pietanze. Come la scuola di cucina, che inizia con la spesa al mercato insieme a Parini, prosegue con il laboratorio ai fornelli, dove si prepara con tutto lo staff, che oltre a chef  Pier Giorgio conta Matteo Milandri, Davide Grumbianin, Elia Gattella e alla fine naturalmente si pranza in gruppo.



Durante la bella stagione viene proposto anche l’aperitivo con dj set all’aperto, nei pressi del vicino Mercato delle Erbe, dove si inizia scegliendo ai banchi gli ingredienti che successivamente lo chef trasformerà in piatto. Sono i clienti quindi che decidono le materie che lo chef poi lavorerà, affidandosi all’improvvisazione.

Fra i piatti che hanno fatto breccia nei palati del pubblico sono sicuramente da annoverare gli spaghetti trafilati direttamente dalle zucchine, con un battuto di cetriolo e pomodoro verde, per un insieme dalle note vegetali penetranti, ammorbidite dal latte di mandorla fatto in casa, gli spaghetti con l’acciuga, resa più travolgente dall’effetto amplificante della liquirizia e i goderecci strozzapreti alle canocchie e rape rosse.

La battuta di manzo, modellata a triangolo, come una fetta di torta, con lo strato superiore di cocomero, al morso amalgama una armonia di dolcezze differenti, potenziate anche dalla saba,  intervallate alla croccantezza sapida dei semi di lino e di zucca. Piena e rotonda la golosità della passatina di pomodoro, besciamella e bottarga che avvolge le cozze.

I dessert, misurati nel tasso di dolcezza, si articolano fra toni delicatamente aciduli e fruttati, come la cagliata al limone e camomilla, o il tortino di albicocche su crema di aceto e spuma allo zafferano. 
Deliziosi nel cestino del pane i grissini piatti di piada croccante e per la carta dei vini, una varietà di etichette naturali, mai scontate, scelte oculatamente da Simone Zoli. 


Condividi:
Altri articoli su:

Qualcosa di simile