Le uova scarseggiano in America. Ma per alcuni, la loro assenza non pesa, anzi.

Tempi bui per le omelette negli Stati Uniti. L'aumento dei tassi di influenza aviaria ha fatto schizzare i prezzi: confezioni da dodici uova, un tempo sotto i 2 dollari, ora si aggirano intorno a una media di 5,90 dollari. A New York, i negozi vendono le uova sfuse a 2,99 dollari per tre pezzi, mentre catene come Waffle House hanno dovuto applicare un supplemento di 50 centesimi per ogni uovo; persino sugli scaffali dei supermercati sono introvabili. Quello che per gli americani era un alimento di base è divenuto motivo di inquietudine diffusa.
Ma non per tutti. "Per me che ho inventato il non mangiare uova, va bene così", racconta al New York Times la chef e autrice di libri di cucina Isa Chandra Moskowitz, 52 anni, che nel 2016 ha inaugurato il ristorante vegano Modern Love nel quartiere Williamsburg di Brooklyn. E va bene anche per coloro che semplicemente non gradisce le uova, ma non perché sono vegani, o allergici, o le rifiutano per motivi morali o biologici. La loro avversione è proprio viscerale, come ha cercato di spiegare il regista Alfred Hitchcock, forse il più noto ovafobo del mondo, che affermò: "Quella cosa bianca, rotonda, priva di fori, e quando la rompi, all’interno c’è quella cosa gialla, anch’essa rotonda e senza fori... brr! Hai mai visto qualcosa di più ripugnante di un tuorlo d'uovo che si rompe e riversa il suo liquido giallo?"
Guy Fieri, chef cinquantasettenne noto al mondo televisivo, ha paragonato le uova strapazzate, sia per consistenza che per aspetto, a una sorta di "pollo liquido". "Le odio", dichiara Sandra Felix, 37 anni, chef de cuisine presso Sqirl, ristorante aperto nel 2012 nel Virgil Village di Los Angeles e presto divenuto celebre per le sue insalate e bowl di riso arricchite da uova. "Il tuorlo è di un giallo brillante, mentre gli albumi appaiono trasparenti e poi diventano completamente liquidi — di questo si tratta!" Racconta di averne parlato anche con il suo terapeuta.
All'inizio del XX secolo, le uova americane, a lungo appannaggio delle galline da cortile, erano diventate più facili da acquistare e conservare, grazie a progressi tecnici come l'incubazione artificiale e la refrigerazione. Alla fine della seconda guerra mondiale, il consumo in USA era arrivato a più di 400 uova all'anno a persona (ora si aggira intorno alle 281) e, negli anni '50, in quanto economiche, erano diventate un prodotto di riserva nei supermercati. Ma mentre le uova sono state ampiamente studiate, una recente scoperta ha evidenziato che per bollirle alla perfezione ci vogliono 32 minuti, ci sono pochi dati su quante persone le odiano e per quali motivi. "Per quanto ne so, nessuno ha studiato la psicologia del mangiare uova", afferma Paul Rozin, 88 anni, professore emerito presso l'Università della Pennsylvania che studia il disgusto. Se chiedete in giro, però, alla fine gli odiatori delle uova si sveleranno: l'ex redattrice gastronomica Denise Mickelsen, 48 anni, ha iniziato il suo incarico alla rivista 5280 di Denver nel 2017 con la rubrica "True Story: I Hate Eggs". La maggior parte delle persone è "sconcertata" e "scioccata" dalla sua repulsione, dice, mentre altri le confessano sommessamente di provare la stessa cosa.
Curiosamente, molti "odiatori" dell'uovo non lo rifiutano in ogni sua forma, tout court. Alcuni, come Colman Andrews, cofondatore della rivista Saveur, affermano di poter apprezzare una maionese o un soufflé purché l'uovo non sia dominante, mentre Cynthia Christensen, creatrice del magazine But First We Brunch, attribuisce la sua avversione all'uovo "troppo liquido" a esperienze infantili, quando era costretta a ingerirlo crudo per le sue proprietà fortificanti. Non sorprende, quindi, che anche il fratello maggiore condivida il medesimo senso di rigetto, ipotizzando che anch’egli abbia avuto gli stessi trascorsi da bambino.
Felix, la chef di Sqirl, ha passato gli ultimi tre decenni evitando le uova, questo da quando aveva sette anni e sua nonna le regalò un trio di galline domestiche. Vederle, così abbondanti, sul tavolo della colazione la terrorizzava. Da giovane chef di un ristorante italiano di Los Angeles, chiedeva a un collega il favore di rompergliele nell'impasto della pasta e di mescolarlo quel tanto che bastava per non doverle vedere e sentire fra le dita. Tuttora, sebbene siano passati tanti anni, può capitare che la vista di un uovo rotto la faccia stare male fisicamente. In ogni caso un sandwich all’uovo per colazione è ancora nel menu di Sqirl e la shakshuka, piatto magrebino con cipolla, pomodori, peperoncini verdi, paprica, curcuma e uova, rimane una delle ricette che propone. "Nel corso degli anni, sono un po’ migliorata", dice. Il suo obiettivo è rendere le uova nei piatti sempre più delicate e cremose in modo che siano a malapena riconoscibili come uova. "Quando devo provare un piatto con le uova appena fatto, lo annuso, lo guardo, lo tocco", dice. "Una volta che è nella sua forma definitiva, è allora che lo assaggio". Per poi sputarlo.