Pregnanza di sapori e vivace senso estetico nell’evoluzione della cucina di Alessandro Ferrarini al Franco Mare
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Idee che scorrono sui binari di una tecnica impavida e affermazione del gusto predominano al ristorante di Marina di Pietrasanta, una delle migliori versioni di un luogo che mesce amanti della balneazione ai cultori della haute cuisine.


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È uno degli stabilimenti balneari più fascinosi della Versilia, perché ha saputo rendere più calda e raffinata quell’atmosfera che invece caratterizza la gran parte dei bagni affacciati sul Tirreno, tra il glaciale e il fâné. A Marina di Pietrasanta, Franco Mare, poco più di un chilometro a sud di Forte dei Marmi, ha reso elegantemente fluidi gli spazi che fanno da ingresso alla spiaggia e che contestualmente accolgono gli ambienti di uno dei ristoranti stella Michelin più goduriosi del litorale. 



Un po’ come nei Bagni Misteriosi di Giorgio de Chirico, dieci litografie del ‘34 in cui alcune cabine da spiaggia sembrano osservare una scena marittima, popolata da nuotatori nudi, sguazzanti in un’acqua solidificata come un parquet a losanghe, ma anche da signori vestiti di tutto punto, in eleganti abiti invernali da passeggio. In una delle rappresentazioni enigmatiche più giocose del padre della metafisica in cui si mescolano figure “estive” impegnate in gioviali giochi acquatici ad altre sulla terraferma più distinte, “invernali” e contemplative. Una commistione che evoca in qualche modo l’abilità della famiglia Stefanini, proprietari di Franco Mare, nel creare una delle migliori versioni di un luogo che incrocia amanti della balneazione con cultori della haute cuisine.  

All’ingresso il colpo d’occhio è colmato da uno stile marittimo contemporaneo, una palette di colori neutri, dal bianco al sabbia, vivacizzati dalle porcellane turchesi che punteggiano la visuale e che, scivolando verso l’esterno, incontra l’ampia piscina. All’accoglienza, Davide Stefanini, di una cortesia genuina, priva di affettate vezzosità  “prima di dedicarmi al ristorante svolgevo l’attività di bagnino, e l’80 % del mio tempo lo passavo in spiaggia – ci racconta – ora, come si può intuire dalla carnagione, sono prevalentemente in servizio qui in sala, insieme a un team di ragazzi di cui siamo molto orgogliosi”. Fra gli altri, lo affianca Mirco Plebani, giovanissimo, comense, molto preparato e affabile, al momento in cui scriviamo, uno dei quattro finalisti di Emergente Sala, il concorso per il miglior cameriere under trenta ideato da Luigi Cremona e Lorenza Vitali. 

La cucina si conferma brillante, lo chef Alessandro Ferrarini fa scorrere senza intoppi le idee sui binari di una tecnica impavida, dove l’affermazione del gusto predomina sulla ricerca di arditezze e virtuosismi gratuiti. Ma corredando le idee di un accentuato senso estetico che seduce al primo sguardo e prelude a una elegante e raffinata pregnanza di sapori.

Ci accomodiamo al tavolo con un drink che arriva tempestivo dall’angolo adibito a cocktail bar, è il MILANO – VERSILIA, vermouth rosso da spiaggia, bitter Pallini, ginepro di mare, essenza di mandarino verde. Da frammettere fra un chips di seppia e una di gambero

Nel nutrito stuolo di solleticanti divertissement di benvenuto, una meringa alla barbabietola, tartare di tonno, nasturzio. Un air bread con mousse di mortadella e granella di pistacchio di Bronte. Un tartufino ripieno di crema al Parmigiano e tartufo. Pasta brick con topinambur e gelatina di ponzu. Un finto pomodorino di pappa al pomodoro e gazpacho, che presenziando ormai un po’ troppo sulle più svariate tavole, suggeriamo di depennare dal prossimo aggiornamento di menu. Per non offuscare la scena a idee molto più avvincenti come il finto cannolicchio di pasta croccante, ripieno di ragù di cannolicchi, di una gustosità istantanea.

Pagnottella, focaccia classica, grissini torinesi, burro aromatizzato al limone e tonno del Mediterraneo

I rossetti sono una prelibatezza cosmica, si sa, qui lo chef Ferrarini li immerge crudi in una citronette di olio, limone e limone di mare, ne sparpaglia in superficie alcuni fritti, a titillare il morso e chiude con germogli di prezzemolo rinfrescanti.

Anche la capasanta è proposta cruda, in carpaccio, con il caviale per il fremito sapido, rapa rossa saltata in aglio, olio e peperoncino, l’avvolgenza acidula della crème fraiche che ammansisce il tutto e, a copertura, un velo di latte.

Alle alici di Cetara marinate viene concessa una nota di leziosità e gli ortaggi, zucchine e carote, anch’esse leggermente marinate, si pavoneggiano in fogge ricercate sul pesce, che è stato farcito con burro all’acciuga, maionese di uvetta e rum, finito al tavolo con una emulsione di bufala e olio di finocchietto.

Sotto lamelle di sedano rapa affumicato si cela l’insalata di granchio, virante all’acidulo, grazie al bergamotto, con le uova di trota ad accentuare la sapidità iodata e una riduzione di cicala per l’alternanza dolce.

Lo scampo alla plancia si imbaldanzisce in una riduzione di teste del crostaceo, mentre un gel di brodo di Pata Negra fornisce una buona dose di umami, declinata anche in versione croccante nelle chips dello stesso jamón. Che coprono una tartare di scampo crudo per il contrasto doppio di consistenze e fra sapido e dolce. Diligenti le foglie di acetosa, nell’apporto parco di acidità.

Un saporito ragù di arselle accompagna la patata cotta nell’acqua degli stessi molluschi, in modo che anche l’ortaggio faccia propria la succulenza delle bivalve. Una riduzione di beurre blanc irrora l’insieme, con le cime di rapa al naturale per una nota di amaricante vegetale e una patata soffiata a guarnire.

Una versione premium del riso al pomodoro questo risotto Riserva San Massimo, che viene cotto in una estrazione di ragù e umami di pomodoro, con l’intensità elegante di un  ragù e una riduzione di ostrica.

Le linguine Ducato D’Amalfi sono prima cotte in aglio, olio e peperoncino e terminate con il fondo cottura dello scorfano alla napoletana, presente anche a cubetti, leggermente scottato e preparato in ceviche. Con una spolveratina di erba citrica per un accento lievemente agrumato.

Le sempre tanto apprezzate maruzzelle qui diventano il ripieno dei bottoni, serviti nel fondo di cottura delle lumachine e in una salsa di cicoria, più una foglia di cicorino, per il contrappunto amarognolo. E una  puntarella cruda ripiena di salsa al limone che si accolla il ruolo di presenza acida flirtante con l’amaro.

Una raffigurazione della catalana dal visual minimal, con l’astice marinato in pomodoro, cipolla e basilico, che poi, ridotti, diventano la sua salsa di accompagnamento.

Una riduzione di prezzemolo, burro e limone avvolgono la sogliola alla mugnaia, corroborata da una riduzione di acciuga ed accompagnata da broccolo saltato in aglio olio e peperoncino e cavolfiore crudo.

Un’elegante presenza scenica per la sfera di yogurt nera contornata da un crumble alla cannella.

Il palloncino di gianduia si appoggia nel piatto componendo l’immagine della Balloon Girl di Banksy, è ripieno di rabarbaro e vin brulé. In accompagnamento un gel di lampone. 

Cannoncini alla crema. 
Marshmallow al mango. 
Tartufino al cioccolato fondente 75% e rum. 
Crème Brûlée.


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