Segnali di fumo, il nuovo menu di Moreno Cedroni alla Madonnina del Pescatore
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Alla Madonnina del Pescatore, Moreno Cedroni e Luca Abbadir armonizzano approccio scientifico e poesia nel nuovo menu Segnali di fumo


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Anticipatore di molte tendenze che si sono diffuse nell’universo gastronomico, come quelle della maturazione del pesce e dei salumi di mare, Moreno Cedroni il prossimo anno festeggia sessant’anni, insieme ai quaranta del suo bistellato Madonnina del Pescatore. Il 2024 sarà quindi l’occasione per celebrare un centenario su quella parte di costa di Marzocca su cui si affaccia uno dei ristoranti che ha rappresentato da subito la frangia avanguardista della ristorazione italiana.



Un ambiente dall’estetica ultracontemporanea, in cui, quella che nella teoria potrebbe risuonare stravaganza, pareti oro e pavimento rosso, è espressione di una raffinatezza di forte carattere. Con le vivaci poltroncine a intreccio multicolore che dalla veranda si affacciano all’orto marittimo, la lingua di spiaggia che accoglie le cassette di erbe aromatiche. Un servizio di classe e sofisticata veracità come se ne vedono pochi, che se si volesse per ipotesi richiedere all’AI, l’istruzione sarebbe: “come avere tutto sotto stretto controllo in grande scioltezza”. 

Fra tutti i progetti che a partire dal 2000 Cedroni ha affiancato alla Madonnina, il Clandestino susci bar di Portonovo, l’Aniko prima salumeria di pesce al  mondo, in centro a Senigallia, l’ultimo in ordine temporale, ma non di importanza, è il Tunnel, a pochi passi dal ristorante, che visitiamo dopo una cena sfolgorante. L’approfondimento scientifico ha da sempre impegnato lo chef, fin da quando si interessò dell’immortalità del cibo e iniziò a produrre scatolette. Oggi in questo spazio dove regna il nero assoluto delle pareti, per lasciare la scena ad attrezzature, cilindri graduati e celle di frollatura, si studia il plancton e la sua reazione alle diverse temperature. Si fanno maturare piccioni avvolti nella cera d’api, che rilascia anche un piacevole aroma, rombi che permangono per un massimo di sette giorni, per non estremizzarne la perdita di umidità. 
È proprio lì che incontriamo lo chef e fra le luci soffuse e il lieve brusio delle macchine di sottofondo, ci racconta nella videointervista quello che lui stesso definisce il “suo gioco”, le virate creative che hanno portato il percorso creativo di Moreno Cedroni e Luca Abbadir  al menu Eros e Sushi del Clandestino e Segnali di fumo alla Madonnina. 

Stella Marina, un ricordo di com’era il mare quando lo chef era bambino, una cialda con polvere di prezzemolo passato alla griglia, vongole al sugo appena piccante, accompagnato da un margarita, il cui mezcal apporta lievi note affumicate. 
Il waffle a forma di pesciolino ripieno di king crab, mazzancolla, sedano, scalogno e aceto di pomodoro rosso si completa in una salsa di yuzu, soia e olio al basilico.
Un filo di burrata di Andria, caviale e tartufo nero si interpongono fra la ventresca di tonno frollata 90 giorni in sale grosso e il diaframma di manzo cotto shabu shabu di un fragrante crostino

Su una lavagna luminosa, per renderne più visibile la trama e le venature, vengono presentate la porzioni di salumi ittici, tonno accompagnato da polvere di cavolo viola fermentato; coppa di testa di cernia e ricciola; ombrina maturata venti giorni, bresaola di tonno. Il lardo di spigola cilena arriva dall’area subantartica; la mortadella di spada, seppia e finocchio di mare ha il sapore della vera mortadella di suino. La pancia di ricciola è porchettata; la salsiccia di orata è da abbinare a paprica origano e pepe bianco, mentre per la ventresca di tonno ci sono le bacche di senape a contrastare il grasso.

L’ostrica mangia e bevi è cotta chiusa al Green Egg e per questo trattiene al massimo i suoi profumi, si accosta a salsa al cavolo viola e peperoncino, con la freschezza dell’olio al prezzemolo e mela Pink Lady.
Il pane cotto in una cocotte in ghisa ha una crosta spessa e odora di camomilla e fiori di campo, i grissini sono di grano antico macinato a pietra  tirati a mano.

Una purea di patate dolci con sedano, cipolla e acido formico, insieme a leche de tigre accompagnano il ceviche di ricciola che rimane croccante per la marinatura breve, alla peruviana, sulla quale va sbriciolata una minuscola ape di ananas e miele. Il tutto servito in un piatto e con cucchiaio di cera d’api.
Una carota marinata in calce alimentare e acqua, poi cotta in sciroppo di zucchero è da intingere nella salsa di rucola e acetosa con cui è decorato il piatto, in abbinamento una maionese di cozze e pane panko e percebes galiziani.

Un cannellone di capasanta e fecola di patate che diventano sfoglia, ripieno di una crema di zucca leggermente affumicata, maionese di sesamo wasabi, salsa di anacardi e ponzu, prima cotto al vapore e poi passato in padella.
Un duetto fra l’amaro delle erbe selvatiche alla griglia e il fumo della seppia al Green Egg ondeggia nelle penne rigate, in cui si inserisce anche l’impronta ittica del burro ai ricci di mare, insieme a una salsa di ricci e polvere di capasanta e una piccola stella di ricci liofilizzati da sbriciolare come se fosse cacio grattugiato.

Nelle conchiglie Verrigni si ritrovano le cocochas, il mento del baccalà, che con il suo collagene ammorbidisce il sentore metallico del pepe di Sichuan, in tandem con la salsa di ceci, pastinaca, levistico e peperone crusco, mediati da burro affumicato.
È cotto alla brace e finito in padella il moro oceanico, a cui il daikon cotto nel latte di cocco e la salsa di acetosella donano una nota acidula virante all’esotico, il tutto vivacizzato da misticanza e fiori al salmoriglio.

La quaglia è fritta, lasciata in camera di mantenimento, poi il petto è passato alla griglia e accompagnato da un cremoso di topinambur, nocciole e rose, insieme a una crema di Chartreuse e champignon, in cui immergere anche schiena e la coscetta che vengono laccate alla soia e miele.

Nel piatto, la silhouette di Corto Maltese va cancellata con le dita ed è creata con cioccolato Tulakalum del Belize, polvere di albicocca e yogurt.
Quello che sembra un riccio di mare in realtà è una granita di clementine, sale maldon, grue di cacao che ricopre una crema al cioccolato e frutto della passione e una crema cotta al riccio. 
Gelato alla mandorla, Cassis e spaghetti di patata viola sono il ripieno di una tartelletta di obulato, che al morso ricorda un sottilissimo foglio di carta.

Mou di violetta, granita al sake, granadiglia, gelatine al whisky torbato, germogli di pisello, polvere di alghe, gelato tipo Malaga al Porto rosso con uvetta di Zibibbo è il dessert servito in un’anfora che evoca tesori sottomarini.

Sweet Tribute è l’omaggio a cinque grandi chef che ha la forma di piccola pasticceria. 

Per Virgilio Martinez, mix di erbe dell’orto marino all’azoto liquido, frullate e messe in uno sciroppo di acqua zucchero e pisco.
Polvere di yogurt e ganache di cioccolato bianco per Ángel León uno dei primi chef a usare il plancton marino in cucina.Il piatto simbolo di Nadia Santini è il tortello zucca e amaretto e qui è rappresentato da Amaretto di Saronno, mousse al mandarino, zucca fermentata, ganache di cioccolato al latte.
L’omaggio a René Redzepi è arancia, porcino fermentato, cioccolato fondente.
Tè verde sakura, lampone liofilizzato, pepe per una gelatina croccante a omaggiare Paul Pairet che nel suo ristorante segreto di Shanghai, a ogni cena, cambia il visual della sala, i colori e le proiezioni nel videowall.

Il Tunnel


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