Concetti limpidi che mirano al gusto alla Locanda de Banchieri di Giacomo Devoto

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Quando le idee dei piatti sono solide e arrivano istantanee al commensale, senza la necessità di manuale di istruzioni e sequenza obbligata di ingestione


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“Questo davanti è il Tirreno non il Mar Ligure, come pensano in tanti”. Ci accoglie con questa doverosa puntualizzazione lo chef e patron Giacomo Devoto a Fosdinovo, Massa Carrara, sul balzo di fronte alla sua Locanda de Banchieri che volge allo spicchio di mare da cui si vede anche Capo Corso, il “dito” della Corsica. Questa zona, punto di contatto tra Toscana, Liguria, Emilia, si sarebbe dovuta chiamare Lunezia se nel 1946 si fosse concretizzato il progetto dell’Assemblea Costituente che avrebbe dovuto omogeneizzare il territorio delle Alpi Apuane, creando una nuova regione.



Quello che è certo è che alla Locanda de Banchieri a Fosdinovo si incontra una ricchezza e varietà paesaggistica, con annessa biodiversità, che per uno chef rappresentano un fonte inestimabile per innescare la propria creatività in cucina.

“Qui ci troviamo in una classica collina toscana – racconta Giacomo Devoto –  con tutto quello che è tipico della collina, gli olivi, i cipressi, i cinghiali… Ma nemmeno a mezz’ora di auto arriviamo a 1.210 metri. Per questo ho creato un menu che percorre tutto il tragitto dal mare alle Alpi Apuane”.

Il resto del racconto è nella videointervista 

Fra il verde dei terrazzamenti, che accolgono olivi, limoni e mandarini cinesi è appoggiata questa settecentesca residenza nobiliare, un tempo appartenuta alla famiglia toscana de’ Banchieri. Acquistata sette anni fa da Giacomo, insieme ai quattro ettari di terreno circostante, all’epoca invaso dalla macchia e dai rovi, grazie alla sua determinazione e impegno costante, oggi è un resort di sei camere, dove lo stile originario si amalgama con arredi contemporanei. L’esterno è diventato un giardino in cui la cura non ha snaturato la vegetazione naturale, mantenendo la flora autoctona. Lo stesso per l’orto, dove la verdura arriva con tempi scanditi dalla natura, senza l’uso di serre e copre più della metà del fabbisogno del ristorante.

Il ristorante, con la sua luminosa veranda vista mare, gode di una atmosfera raccolta e rilassata, come il servizio, accurato, ma senza stucchevoli artificiosità. Fra il personale, sia di sala che di cucina, vi è un rapporto consolidato e longevo, le ragazze in sala sono arrivate quattro anni fa. Considerando la situazione attuale dei lavoratori del settore, innegabilmente sull’orlo del tracollo, si comprende che l’ambiente di lavoro alla Locanda è più che positivo. E come si legge nei manuali di sociologia, questo favorisce la produttività e sbriglia l’estro, come traspare dal menu dello chef, fatto di concetti tersi incasellati in un disegno preciso, che mirano al gusto, senza inzaccherarsi nelle elucubrazioni di un cucina gourmet ormai fâné. Come lo stesso termine – gourmet – in fin dei conti. 

Devoto ha una visione molto pragmatica del suo lavoro, che si sdoppia fra il ruolo di chef e di imprenditore agricolo. Quarantatre anni, sarzanese, dopo aver lavorato da Angelo Paracucchi, alla Locanda dell’Angelo disegnata da Vico Magistretti, cambia totalmente scenario e si sposta a Champoluc in in Val d’Ayas, a 2.400 m. dove al Rifugio Belvedere macina, per oltre dieci anni, centinaia di coperti al giorno, con proposte tipicamente montane e qualche guizzo mutuato dall’alta cucina. Tornato a Sarzana, apre quella che oggi è una delle più entusiasmanti pizzerie d’Italia, che si avvale del lavoro agli impasti di Gianmarco Ferrandi. Da cui provengono tutta la panificazione e i lievitati proposti alla Locanda. 

Qui, le solide idee dei piatti, con attenzione particolare al vegetale, arrivano istantanee al commensale, senza la necessità di manuale di istruzioni e sequenza obbligata di ingestione, incartate in brio e levità.

“Abbiamo voluto invertire la rotta degli amuse bouche, iniziando prima di tutto a bandirne il nome e l’origine francese – spiega lo chef –  per concepirli all’italiana. Chiamandoli quindi Benvenuto in Lunigiana e miniaturizzando alcune delle più conosciute tipicità della nostra terra”
Ecco allora la Scarpazza, una torta salata tradizionale, cotta prima in forno e poi grigliata sulla piastra francese, farcita di cipolla, bietola o cavolo, polvere di cipolla, con il recupero delle bucce, cagliata, clorofilla.
Il testarolo di Pontremoli diventa uno stick, con Parmigiano Malandrone 48 mesi, fondo di manzo, con il suo caratteristico sapore di griglia. 
Crocchetta di baccalà alla carrarina, fritto e marinato in aceto e pomodoro, come se fosse un carpione rosso, con ketchup.
Il crostino toscano per provocazione diventa vegetale e riproduce la ferrosità del fegato con un burro di cavolo nero, ragù di cavolo e erbe spontanee dell’orto.
La Mescciüa è una tipica zuppa spezzina di legumi, ceci spezzati, rosmarino, salvia si trasforma in un buñelo di farina di ceci, emulsione di legumi, gel al rosmarino, polvere di salvia.
Tutto da mangiare con le mani, poi una salvietta imbevuta della tisana di erbe dell’orto provvederà alla detersione.

Azzeccata la scelta del pesce sciabola, in genere poco considerato, in salsa alla mugnaia, fortificato da caviale di aringa, acetosella e la nota amara della cicoria dell’orto. Da arrotondare con un panfritto all’acciuga e gelato al carpione.

Il carciofo dell’orto, di un amaro aristocratico, viene svuotato e cotto, poi farcito della dolcezza di gamberi, pane e nepetella, ricoperto di una bisque estremamente concentrata, accompagnato da un gel di limone.

È ardito pensare il finocchio protagonista di un piatto, di rado si incontrano chef che percorrono una strada così insidiosa. Devoto lo cuoce, lo fa maturare e poi lo griglia, prepara una salsa delle sue parti di scarto macerate nel latte, prima cotte a bassa temperatura poi lasciate sottovuoto per circa una settimana, fino a ottenere un “latte di finocchio” dal sapore più intenso, che rilasciano le barbe. In accostamento una salsa dei kumquat del giardino, una di limone e aglio fermentata, e una caramello vegetale.

Scelta centrata anche per l’ottima ballotine di coniglio, farcita di salsiccia e castagne, con foie gras, crema di aglio al forno e fondo di coniglio. Accanto, un classico millefoglie di patata fondente.


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