Dopo una sperimentazione vorticosa, che non si arresta mai al già pensato e si sposta sempre più in là di quello che si può fare, il nuovo meu LAB di Mauro Uliassi riconferma il suo dominio sull’inaspettato
E quindi anche per il 2022 un LAB che ha sbrindellato le aspettative, che sono sempre, già di base, da capogiro. Anno dopo anno, all’appuntamento con l’alta cucina più atteso dell’estate si delinea la vera e unica “esperienza”. Termine ormai esausto da quanto è abusato nel settore, ma che nei rari casi come questo è reale e addentabile. Che si amplifica se poi, come succede frequentemente negli ultimi tempi, capita di incontrare al ristorante altri chef venuti anch’essi a gioire della cucina del collega senigalliese. L’incontro casuale di quest’anno è stato con Igles Corelli e avere il privilegio di essere coinvolti nella conversazione tra lo chef del mitologico Trigabolo e Uliassi è stato al pari di partecipare a un congresso di alta cucina.
Dopo l’imprescindibile wafer di foie gras e praline di nocciole ghiacciate, con l’allegato bicchierino di Kir Royal e i grissini di mais soffiato, burro all’aringa affumicata e gel di olio al rosmarino bruciato, a comporre il benvenuto, ecco il primo degli inediti del LAB 2022.
#SLIDETOTASTE scritto così nel piatto con un gel di sedano, prezzemolo, alici, plancton, acetosella, acqua di mare, da mangiare con le mani, raccogliendola facendo scivolare il dito sul piatto, per un esordio fra il primordiale e il lascivo.
Appoggiati sopra una sorta di bigné al nero di seppia, i ricci di mare ghiacciati e cremosi rinsaldano il loro dualismo dolce|sapido con quello dell’estratto di mandarino e la zafferanella che parteggia per l’amarognolo.
L’acidità aguzza dell’estratto di pomodoro verde, accinge le dolci, fantasmagoriche seppioline crude, con le scale di amari del polline e delle olive nere essiccate a intermettersi.
Del LAB precedente il gambero rosso dello Ionio crudo, diviso in due, coda e testa separate e poste al centro di una salsa magnificamente satura composta dal succo del gambero, arancia, zenzero, cannella, buccia di arancia e limone. Con la quinoa soffiata a irrompere con sbarazzinaggine sul tutto. Necessario partire prima con la coda e poi chiudere gustando la testa, notoriamente vettore dell’acme dell’intensità e della persistenza del sapore.
L’ostrica è una Gillardeau n.2 che dopo essere scottata in acqua bollente per un minuto viene unita a un succo di aringa che ne fa incalzare la marinità e un pesto di rucola grigliata per una pungenza vegetale. A variegare la nota green, rucola, borragine e limone marinato al sale.
Le lumache, arrivano dall’allevamento di Cherasco, Cuneo, e come sempre si posizionano fra i picchi del menu, sono bollite e ad accoglierle una spuma di friggitelli, insieme a peperone arrostito, friggitello, origano ed erbe soffiate. Terrosità che si agghinda di svariati timbri erbacei.
L’anguilla di Goro affumicata, alla brace, previo consulto con la collega Maria Grazia Soncini – come racconta Uliassi nel video – ha un morso energico, è accompagnata da albicocche sotto sale e aceto di lamponi per lo slancio acidulo, rafano e un baritonale olio di alloro a chiudere.
Gli spaghetti al tonno, forieri dell’atmosfera dei pranzi casalinghi, vengono cotti in un succo intenso ottenuto dal pesce, prima saltato in padella con aglio, prezzemolo, peperoncino e poi cotto nel brodo. Rifiniti con capperi, cucunci, olive e una grattugiata di tonno, precedentemente cotto, compattato in stampi e congelato.
Immancabile la fiabesca pasta e pomodoro alla Hilde (Soliani), che ha collaborato alla creazione dell’aroma di raspo verde di pomodoro con l’infuso di foglie di fico. Decretato piatto dell’anno 2021 da critici, esperti, cattedratici, intellettuali, maître à penser, appassionati, sognatori, viziosi, domatori e tenutari della comunità gastronomica italiana. Che Mauro e Ilde ci raccontano qui
Soprannaturale il colombaccio, scottato per pochi secondi, con spuma di tabacco, cardamomo nero, fave di cacao, con pompelmo asciugato e un cucchiaino di Laguvulin torbato finale. Una reale sinestesia che scaglia direttamente nel vivo di un tête à tête con un nerboruto cacciatore di rientro dalla battuta.
Il pastry chef Mattia Casabianca, sempre più coeso con la poetica uliassiana, ha progettato un pre-dessert che armonizza incisivamente dolce e acido in un sorbetto di mucillagine di cabossa di cacao, con ananas, mango e caffè.
E ancora lungo un fil rouge dal fondale tropicale il dessert, composto da un cannolo di gelato al mais, riso al latte di cocco e ananas in osmosi nel rum.
La magica cassettina bianca con i divertimenti finali fa sempre l’effetto meraviglia di quella in cristallo di Alice, con il pasticcino sul quale è scritto “Mangia”
All’interno, la certezza:
Cubo di cioccolato bianco e polvere di arancia farcito di gelato di cioccolato bianco ed erborinato.
Crumble al cioccolato scoppiettante.
Pasta di fragola con aceto balsamico e maraschino.
Bonbon di cioccolato e ciliegia.
Dacquoise al pistacchio e crema di pistacchio.
Cilindro di mela verde in osmosi e Vecchia Romagna
Corredano due ciliegie ghiacciate ripiene di mandorle amare e Disaronno.